Teatro - interprete
A me gli occhi 2000
DETTAGLIO
Anno: 2000Titolo: A me gli occhi 2000
Data di debutto: 23/06/2000
Teatro del debutto: Stadio Olimpico
Città del debutto: Roma
CAST ARTISTICO
Gigi ProiettiCAST TECNICO
Regia: Gigi Proietti
Scene: Francesca Salvi, Francesco Biondo
Disegno luci: Alessandro Velletrani
Progetto fonico: Massimo Di Rollo, Franco Patimo
Orchestra diretta dal maestro: Mario Vicari
Image maker: Quirino Conti
Coordinamento immagini: Sagitta Alter
CURIOSITÀ
Con "A me gli occhi 2000", Gigi, è stato il primo attore ad esibirsi in uno stadio in Italia.
CRITICA
“Li ha colpiti al cuore, uno per uno, i 16 mila dello stadio Olimpico e i cinque milioni davanti alla tv. Ed è con loro, con questo pubblico che lo segue ormai da oltre trent’anni - e che adesso a vederlo ci porta anche i figli e i nipoti - che il matador Gigi Proietti ha giocato per quasi tre ore: mentre quelli cantavano a memoria le sue canzoni, lui li incalzava con le battute, mentre loro alzavano i cuoricini illuminati, lui li ammaliava
impenitente facendoli morir dal ridere. Per poi ipnotizzarli, subito
dopo, con quel suo «sguardo piacionico», quel suo corpo ancora
saettante. Davanti a un parterre straboccante di personalità, a un
certo punto è sbottato: «Ammazzacome so’ freddi ‘sti vip, nun applaudono. Guardate loro (gli spettatori sulle gradinate), così se fa».
Gigi Proietti artefice magico, oratore e saltimbanco. Generoso,
eclettico, istrionico, ma anche tagliente, sardonico, sferzante. «Informiamo tutta l’Italia che stasera inauguriamo ufficialmente l’Estate
Romana. Tutto è cultura, durante ’sto periodo, anche le fusaje e le
gazzose»...L’aria è fina, il cielo stellato. Alle 21.15 parte lo show, miscellanea del mitico A me gli occhi please nato nel lontano ‘74 (con i
testi scritti insieme a Roberto Lerici) sotto il glorioso Teatro Tenda di piazza Mancini. Attacca Chitarra romana ed è subito coro da diecimila
decibel. Proietti indossa, come 26 anni prima, i soliti pantaloni
neri sulla camiciola bianca (che cambierà tre volte) e trascina sul
palco il celebre baule nero foriero di maschere e personaggi, farse e
macchiette. Dietro di lui troneggia l’orchestra (vera, che meraviglia)
di 50 elementi, più un coro di sei persone. Intorno, una scenografia
di proiezioni con effetti tridimensionali disegna fantastici scorci di
paesaggi romani, giallo, arancio, nuvole e gabbiani. Oppure un infinito
interno di volumi e libroni o ancora, scene urbane di vita notturna
a New York (fondamentali per l’omaggio a Frank Sinatra). Di
fianco, sospesi in alto, due megaschermi per vedere bene da vicino
la faccia di Gigi: le smorfie, gli occhi indiavolati, la mimica, le rughe
anche. Davanti, un oceano di teste, mani, colori. «Che Dio vi benedica», ringrazierà diverse volte nell’arco della lunghissima serata. Applausi, applausi fragorosi. «Fateme lavorà», supplica lui. C’è gente arrivata da
Pescara, da Napoli, da Viterbo: qualcuno non sa che la serata è ripresa
in diretta da Canale 5 e chiede il rimborso del biglietto. Piccolissimi
incidenti di percorso (come lo schermo di destra che diverse
volte avrà dei «buchi neri») che non intaccano per nulla il megaevento
organizzato da patron Aragozzini (quello di Sanremo).
Si va avanti. E me metto a cantà, un accenno di Yesterday e poi Lonely
night che fa vibrare la voce fin sopra i riflettori. «’Mazza ahò, ancora
je la scrocchio», commenta lui soddisfatto. Adesso tocca all’argenteria di casa, Gigi che fa Petrolini che fa Gastone, poi il gramelot americano e napoletano, il teatro del No giapponese, Barcarolo romano.
L’atmosfera è dolcissima. E succede l’irreparabile: anche dal parterre - che ospita Bertinotti, De Crescenzo, Garinei, Magni, Melandri, Mimun, Minà, Storace, Venier, Vespa - vengono sventolati i cuoricini.
Sono le 22, arriva Renzo Arbore con la sua Ma la notte no che scatena i più timidi. Insieme, Gigi e Renzo si lasciano andare ad un’esilarante
Come pioveva versione interrogatorio. L’intesa fra i due è perfetta. L’altro ospite sarà Renato Zero che offrirà a qualche sorcino
sparso Via dei Martiri e poi, con Proietti, Te c’hanno mai mandato a
quel paese tributo doveroso a Sordi e i suoi ottant’anni.
«Quest’amore malato, denutrito, fatto di parole smozzicate...che
venga presto il tempo in cui ci si innamori» declama il nostro. Ma il
clou assoluto sarà la parodia di Ne me quitte pas di Jacques Brel che diventa, con pronuncia alla francese: «Tua me romp er ca’» che per le
risate, fa letteralmente sdraiare sui sedili vip e operai, casalinghe e
maestre, impiegati e studenti, tutti. «Ora siamo in Europa, mica se
po’ dì più “Nun c’ho na lira” ma «Nun c’ho un euro». La cuccagna
del divertimento volge alla fine. Con la storia di Toto, insuperabile
re dell’ignavia raccontata dal coattone appena uscito dalla «saùna»,
e la surreale gag del nonnetto che sciorina l’improbabile fiaba fatta
di Cenerentole e Pollicini, nani e principesse insieme.
Alla fine i bis saranno tre (Belli, Eduardo e la canzone Nun je da retta
Roma....), con il parterre tutto in piedi e gli spalti senza un accenno
di dipartita. Ha le lacrime agli occhi Gigi l’imbonitore di folle e mite
fustigatore dei potenti. «Vorrei recitare Shakespeare» aveva dichiarato
giorni fa. Ci contiamo.
Adriana Terzo, 25/06/2000 L’Unità
“Direbbe Robin Hood: ai «ricchi» le poltrone , ai "poveri" la sostanza.proprio quello che si è verificato ieri sera alla curva sud dello stadio olimpico, dove Gigi proietti, ospitando nel parterre, su moquettes rosso fuoco, una carriolate di VIP, nel contempo offerto agli spettatori delle gradinate (il settore cosiddetto economico) il vero mega spettacolo. Vale a dire, per la gioia di fan che conoscono a memoria i suoi tipi, le macchiette, le battute, e dagli spalti gli fanno da impeccabile spalla, il giusto punto di vista per una scenografia di proiezioni con effetto tridimensionale: paesaggi romani, cieli sereni solcati da nuvole e gabbiani, rossi e arancio da tramonto sull'Appia, oppure una biblioteca di volumi color d'oro rubata al paese di Gargantua, in alternanza con le larghe falde di velluto rosso di un sipario da teatro d’opera. Per non parlare delle due sorprese in carne ed ossa: Renzo Arbore e Renato Zero, colti dalla prima fila e cooptati in palcoscenico per una coppia di esibizioni dal gradimento di massa. Diecimila presenze, nella curva giallorossa dello stadio, per applaudire l'attore nel recital che si porta dietro da 25 anni, a me gli occhi, ora affiancato dalla data 2000. Un plebiscito, un omaggio alla romanità e al talento dell'artista di casa che ama versare nel contenitore preferito, senza complessi, il magma della propria creatività.il Gigi the sempre più il Gigi di oggi, cioè la somma fra divertimento del passato (collaudatissimo) e maturità acquisite frequentando ruoli e mezzi diversi, dalla regia all'interpretazione, dal teatro al cinema, dal doppiaggio alla televisione. Orchestra dal vivo, che bello. Una cinquantina di professori giovani e bravi (qualche veterano c'è) e un coretto di ragazzi con la faccia allegra. Si comincia alla grande, saluto proiettiano da dietro le quinte e squilli di fanfara, qualcosa di preventivamente trionfale in quattro lingue (ti par d’essere al Cesar’s Palace), che Gigi annega subito in esilarante sintesi romanesca. E arriva la cassa dalla quale il Comico estrai gli arnesi del mestiere, oggetto di antiquariato che risale ai tempi della Tenda di Piazza Mancini, quelli degli esordi; arrivano i ricordi, gli scioglilingua, le canzoni, le parodie, l'esibizione di bravura, le citazioni popolari, o colte, o solo amichevoli. Non è il caso di ricordare quanto sia efficace Proietti con addosso il frac del Gastone di Petrolini, guanto "a penzoloni", donne che sniffano cocaina e bastone con il pomo a rammentare la debauche dell'immortale scettico del varieté. Né occorre ripercorrere l’irresistibile avventura di Toto che scompare in una saùna, mucchietto di sudore sotto l'asciugamano abbandonato il surreale simbolo di periferia raccontato dall'amico coatto, a propria volta indebolito dal bagno turco. Il popolo romano è così "totofilo" da precedere l'attore, nei momenti topici, con la battuta giusta. Renzo Arbore sale in palcoscenico dalla prima fila e attacca con Gigi la celeberrima sigla della trasmissione TV Quelli della notte (partecipazione garantita della curva e di molto parterre: ma perché non riprenderlo, un programma così?). Quindi, duetto alla ribalta con una versione intervista di Come pioveva: cappellaccio da fratelli De Rege per Proietti e microfono da cronista impiccione per Arbore. Graziosissimo. Di diverso segno l'intervento di zero: il risonante impegno di una canzone come Via dei martiri precedeva uno "scherzo" a due voci sul motivetto, già caro ad Alberto Sordi, che manda a quel paese tutto e tutti in perfetta letizia. Prima, dopo e in mezzo, la solita, sorprendente successione di "proiettate", dal Barcarolo di Romolo Balzani cantato alla grande (il "bojacca" che Gigi affibbia al Tevere prende alla gola anche i meno retorici, i meno sentimentali), ai ritmi sudamericani imparati nei night della Roma anni 60; dall'omaggio a Frank Sinatra, che viene sempre bene, con New York, New York capace di accogliere alcune battute di ‘O sole mio, all'elogio dell'amore in forma di ballata. Fino agli applausi, al Belli conclusivo, ghignante e innamorato, apoteosi capitolina di grande potere emotivo: il mattatore, stremato da due ore e mezza di numeri e saette e dalla non stop garantita allo spettacolo teatrale (la diretta televisiva su Canale cinque è stata invece interrotta dagli spot pubblicitari), lancia nell'area di scena il suo famoso Nun je dà retta a Roma, "urlo" quirite di passione e libertà.
Indomito Gigi. Che raccoglie la corona di ottavo re (Falcao è tornato in Brasile) dalla curva dei lupi romanisti, ieri sera comunque aperta ad ogni sorta ad altri animali, aquile comprese. Applausi, applausi oceanici, richieste di bis, a lui gli occhi. Proietti si commuove fino alle lacrime. Torce a forma di cuore acceso un po' dappertutto. Senatus ProiettusQue Romanus, è proprio il caso di parafrasare. Stasera unica replica.”
Rita Sala 24/06/2000 Il Messaggero
Squilli di tromba.una voce fuori campo: «Ladies and gentlemen…».Annunciato come una rockstar, ecco all'olimpico Gigi proietti con la sua marcia trionfale, o rimpatriata. Ieri sera per la prima volta in uno stadio, diretta TV su Canale cinque, è entrato il teatro, anzi, l'assolo di un attore con "a me gli occhi 2000”. Ospiti sul palco: Renzo Arbore (con cui canta "ma la notte no" e "come pioveva") e Renato Zero (“Via dei Martiri” e “E va e va”). In platea Melandri, Bertinotti, Garinei, Magni, De Crescenzo, D’Antoni, Venier; in 16 mila, fra cori e scambi di battute col mattatore, con un cuoricino illuminato in mano seguono lo spettacolo oche 24 anni fa ha dato l’Oscar della popolarità a Proietti. Lui è un puntino ma ci sono i maxi-schermi a restituirlo. E l’affabulatore dal suo baule trae i ferri del mestiere e da virtuoso della chiacchierata e della canzone, con proiezioni come la libreria nell’omaggio poetico a Gassman o i grattacieli per “New York, New York”.
Un pezzo dentro l’altro, come il vestito di Arlecchino. Si fa largo Toto che sta a Proeitti come la “Maglietta fina” sta a Baglioni, e parla d’un tizio liquefatto nel bagno turco, il pigiama con una riga sola per quanto è magro, un poveraccio ispirato a Bruto e Cassio, perché «gli uomini della mia generazione quando fanno la sua con l’asciugamano addosso nello specchio appannato si vedono come Marlon Brando nel “Giulio Cesare”». Gigi dà nobiltà al guitto romanesco con rimandi a Petrolini: e certo i due allo specchio sono gemelli, gli occhi strabuzzati, la parlata strascicata, il gusto del passo dinoccolato o a scatti, la smorfia volgare aristocratica, lo snocciolare di zibaldoni e indovinelli. Ecco Pietro amica, il piazzista che vende merce imboccando a gesti il (gentile) pubblico, e il numero si trasforma in gioco da stadio. In quella risata dove ritrovi punte di crudeltà, Gigi si offre con voracità istrionica: gesti, timbri, ribollire di viscere popolari, sospiri insolenti, pause e “sottotesti”. Nel finale, tutti in piedi ad applaudire. Lui piange e dice:«Che Dio ve benedica».”
Valerio Cappelli 24/06/2000 Il Corriere della Sera
“Passerà alla storia, soprattutto dopo ieri sera, per l'inimitabile arte dell'accumulo e dell'eclettismo, Gigi Proietti. Vincendo la sfida dello stadio Olimpico, s'è ormai candidato a mito per la gagliardia del suo sguardo piacionico, per tutte le risorse di mattatore artefice magico, e per la gamma d'un repertorio tracimante d'un quarto di secolo. Ha proceduto a getto continuo, A me gli occhi 2000, alternando motti, memorie, scene, poesie, canzonieri e frammenti di recital che sono nati per partenogenesi dal fatidico "A me gli occhi please" del ' 76, miscellanea di culture per pubblico da tenda. Alla Curva Sud c'è stato il Proietti imbonitore delle fasi d'avvio, con medley di cavalli di battaglia canori made in Rome, o col suo primo personaggio della serata, un Pietro Ammicca di fine anni 80. Ma il cuore del Gigi teatrante batte per il diseur Gastone, cammeo vivido e di lusso da "Il caro Petrolini", e qui l'attore dà l'impressione d'essere un ologramma al centro dell'impeccabile proiezione di un sipario rosso, macchineria denominata Maximage, opera di Carrubba & Ciucci che avrà ancora in serbo una trentina di fondali artigianali di luce con ammalianti visioni di Città Eterna al tramonto, di cieli di gabbiani, di palme, di metropoli. Poi c'è il Proietti mostro affabulatore coi suoi grammelot americani, napoletani e giapponesi. E c' è il padrone di casa spassoso quando è con lui sulla ribalta l'amico Renzo Arbore: un exploit di arte dello stare insieme, il duetto di "Ma la notte no", e una vera chicca alla De Rege il dialogo a forma di interrogatorio su "Come pioveva". Segue il tono flemmatico del Proietti re insuperabile dell'ignavia in Toto, con ambientazione in un colonnato di terme ungheresi. C'è il capitolo del Proietti antiaccademico che imperversa sui guasti dialettali applicati alla poesia italiana, con passione nata ascoltando il Dante di Gassman, al cui V Canto rende omaggio riproducendo i salti di un vecchio 33 giri, per poi dirottare su "New York New York". Impeccabile il richiamo a Sinatra del Proietti singer, che rompe lo stile con adorabili motivi latini, fino a fare terribilmente il verso a "Ne me quitte pas". Un po' più formale il binomio del Gigi cittadino dell'Urbe che con Renato Zero esegue "Te c'hanno mai mandato a quel paese?" pensando agli 80 anni di Sordi. C'è poi ancora instancabile spazio per il Gigi favolista vecchietto, per il re bacucco risalente a Magni, per i bis da collezionismo. Ora questo ex Socrate potrebbe anche fare seriamente un'Aristofane davanti alla cavea del Teatro Greco di Siracusa.
Rodolfo Di Giammarco 24/06/2000 La Repubblica