Teatro - interprete

I 7 re di Roma

DETTAGLIO

Anno: 1989
Titolo: I 7 re di Roma
Ruolo: Tiberino, Enea, Fauno Luperco, Romolo, Numa Pompilio, Tullo Ostilio, il padre degli Orazi, Anco Marzio, Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il Superbo, Bruto Minore.
Data di debutto: 14/02/1989
Teatro del debutto: Teatro Sistina
Città del debutto: Roma

CAST ARTISTICO

Gigi Proietti, Gianni Bonagura, Elena Berera, Sonia De Micheli, Elisabetta De Vito, Marina Lorenzi, Letizia Mongelli, Donatella Pandimiglio, Simona Patitucci, Giancarlo Balestra, Mauro Balestra, Massimo De Ambrosis, Massimiliano Fabiani, Gianfranco Lacchi, Alessandro Spadorcia, Sergio Zecca

CAST TECNICO

Autore: Luigi Magni

Regia: Pietro Garinei

Scene: Uberto Bertacca

Costumi: Lucia Mirisola

Musiche: Nicola Piovani

Coreografie: Micha Von Hoecke

Disegno luci: Giancarlo Bottone

Progetto fonico: Nando Trezzi

CRITICA
"Passa alto e solenne il carro del Sole e la storia di Roma prende avvio sul palcoscenico del Sistina: così il primo applauso visivo se lo accaparra lo scenografo Uberto Bertacca che a tanti altri battimani avrà
diritto, insieme con la costumista Lucia Mirisola, nel corso
d i uno spettacolo tutto mirato, anche, alla gioia dello sguardo.
Siamo alla più recente «produzione» Garinei e Giovannini, dunque giù il cappello:
ritmo, allegria, divertimento.
Stiamo parlando della festosa «prima» di « I 7 re di Roma», leggenda musicale in due tempi di Luigi Magni, cioè di uno scanzonato ma affettuoso narratore di cose capitoline, capace di ripensare la Storia (quella con la esse maiuscola) con l’ironica casalinga tenerezza di
chi guarda ai Fori Imperiali senza perdere d'occhio i gatti che si grattano fra i ruderi. Così questa cavalcata da Romolo a Tarquinio il Superbo (e anche un po' prima dell'uno e un po' dopo l'altro) si tinge di confidenza e anche di qualche malandrino dubbio sulla veridicità
del mito: unica certezza, il fatto che, andreottianamente , il potere logora chi non ce l'ha, ieri come oggi.
I riferimenti al presente - il linguaggio oscuro dei politici, i colpi di maggioranza, i compromessi storici e no - ammiccano alla platea, ma in
questo gioco di anacronismi l'autore riesce ad evitare la trappola della caricatura goliardica: al contrario, e rischiando persino la pedanteria
ma abilmente evitandola, il suo testo sa farsi bonariamente erudito spiegando etimologie, parentele, toponomastiche.
Al di là di questi e altri pregi del copione, la carta vincente dello spettacolo si chiama Luigi Proietti, interprete di tutti e sette i re e di qualche altro personaggio ancora, dal dio Tevere ed Enea che sbarca da un mirabile vascello, fino a Bruto Collatino, liquidatore della
monarchia. Ogni volta un carattere, una invenzione nuova, una trovata comica risolti da un attore così multiforme, così professionalmente completo, così capace di stabilire una complicità anche canagliesca
con lo spettatore: e passa con geniale fregolismo dalla vogliosa
senilità di Numa Pompilio (ahi quella ninfetta Egeria!) alla tracotanza borgatara di Tullio Ostilio, alla etrusca e un po' demente eleganza del primo Tarquinio. Proprio godibilissimo. A riassumere gli eventi, a
raccordare e ricordare, provvede il pettegolo dio Giano impersonato con bella raffinatezza da Gianni Bonagura. E quattro solisti più sette ragazze più sette ragazzi (tutti fragranti, belli e bene addestrati) fanno a Proietti da coro e da spalla e, di volta in volta, emergono singolarmente come personaggi. Se potessimo, ci piacerebbe citarli tutti:'a rappresentarli deleghiamo una deliziosa Sonia De Micheli, nei panni di
Egeria. Assai piacevoli le canzoni musiciste da Nicola Piovani
e le coreografie di Micha Van Hoecke. Al timone della fortunata impresa, Pietro Garinei in persona: ma qui ogni elogio alla sua sapiente regìa suonerebbe pleonasmo. In trent'anni e passa che lo seguiamo,
abbiamo consumato tutti gli aggettivi superlativi di cui è capace la nostra portatile.
Ghigo De Chiara 16/02/1989 L’Avanti

"… Ma la meraviglia della rappresentazione risiede essenzialmente nell'interpretazione di tutti i re da parte di Gigi Proietti, che in una specie di fregolismo di alta scuola (ancora una volta) si trasforma quasi avvista.Proietti, oltre i sette re, assai diversi l'uno dall'altro, interpreta altri personaggi: Tiberino, Enea, il fauno Luperco, fino a Bruto "lo scemo", di cui offre un'immagine con qualche compiacenza petroniana.
Si aggiunga che Proietti questa volta, oltre che come attore, si impegna molto come cantante, in una partitura di Nicola Piovani, autore notissimo di colonne sonore per film, qui alla sua prima commedia musicale.una partitura sonora che vuole richiamarsi alla nostra tradizione con moderna sensibilità e chiavi diverse, impegnando in vere arditezze vocali gli interpreti (Proietti, molto bravo, e un gruppo di 14 giovani, fra i quali tre o quattro ragazze di eccellenti qualità vocali e musicali).il limite della cavalcata richiede incerto nozionismo che nonostante tutto si avverte spesso.la fantasia non manca, ma anche di libresco quasi di scolastico, appesantisce più volte la grande peripezia…”
Sergio Surchi 16/02/1989 Il Popolo

“Serpeggia tra le righe qualche non piccolo messaggio, antirazzista, femminista (dalle Sabine rapite a Grazia, a Lucrezia, le donne fanno Storia solo in questo vittime), ecologico e libertario. Ma, alla fine,
l'autore rinuncia a tirare la «morale della favola». Sull'entusiasmo
che dovrebbe accendere la nascita dello Stato repubblicano (parliamo di allora, del Cinquecento e passa a.C.) si proiettano già le delusioni
dei millenni seguenti. Ma è un bel momento quello in cui Bruto, decifrando in modo giusto l'oracolo di Delfo, bacia la terra, madre comune degli uomini. Quanto ai Sette Re, le simpatie di Magni, e di Proietti, si distribuiscono in varia misura. Suscita comprensione il fratricida Romolo, che narra l’assassinio di Remo, e le sue ragioni,
nello stile di Er fattaccio. Il beniamino è Numa Pompilio, vecchio, saggio, e confortato dalle grazie di una ninfa deliziosa. Di Tulio Ostilio, tanto bellicoso, si appezza però l'ostentato laicismo. Di Anco Marzio, il buon senso di «burino». L'etrusco Tarquinio Prisco si merita la fredda ammirazione dovuta ai civilizzatori «dall'alto». Servio Tullio, dagli oscuri natali, propone un caso di crisi d’identità che anticipa Pirandello (con spiritosa citazione). Tarquinio il Superbo, e signora, evocano Sir e
Lady Macbeth. Bruto, finto scemo, ha qualcosa, insieme,
di amlètico e di ruzantesco. In ottima forma, Proietti si destreggia da un travestimento all'altro, Incidendovi sempreun segno essenziale. Lo
affianca, sornione chiosatore degli eventi, il Giano del bravo Gianni Bonagura. Sette ragazze e sette ragazzi completano il quadro. Un imponente cilindro scuro, molto bertacchiano, si apre a mostrare i successivi scorci ambientali e lussuose macchinerie (come il
carro del Sole) destinate a sicuro applauso. Autorevolmente firmate (Van Hoecke), ma non travolgenti, le coreografie. Adeguale, su una «linea Trovajoli», con qualche eco weilliana, le musiche di Piovani.
Prevalgono i motivi nostalgici: nemmeno la «pennichella» è,
oggi, quella di una volta..
Aggeo Savioli 16/2/1989 L’Unità

"Un successone, e non poteva che essere così.i sette re di Roma, mito in musica presentato al Sistina dalla gloriosa ditta Garinei e Giovannini, è uno di quegli spettacoli che investono lo spettatore con una travolgente mistura di meraviglia e divertimento.è sontuoso, ben scritto, ben recitato; malgrado il suo carattere episodico, rapisce l'attenzione come un avvincente storia unitaria; cerca di ricondurre la commedia musicale italiana alla sua stagione d'oro, quando inscenava temi nostri con un linguaggio nostro, senza pensare a Broadway…
Gigi proietti, il dominatore della serata, l'inesauribile, l’infaticabile. Con un fregolismo straordinario Proietti passa da un personaggio all'altro e sfodera una naturalezza e un puntiglio che lasciano allibiti, è di volta in volta Tiberino, Enea, fauno Luperco, Bruto, un re dopo l’altro. Nelle tre ore di spettacolo tenta ogni possibile registro espressivo, tiene in pugno tutti, anche nei momenti in cui l'azione si adagia, e alla fine dell'impresa viene a raccogliere le ovazioni a muso arcigno, come per dire: è stata dura, ma, accidenti, ce l'ho fatta.”
Osvaldo Guerrieri 16/02/1989 La Stampa

"E qui, in questo gioco di storia e invenzione che si danno il cambio, subentrano la genialità istrionica e l'estro trasformistico di Gigi Proietti, certo il più vicino a Roma dei nostri grandi attori d’oggi. Per lui i sette re diventano dodici: tante sono le volte che Gigi cambia trucco, costume, voce e finanche faccia per alternarsi nel caleidoscopio facendo sfoggio di una forma smagliante. Ma dentro a Proietti, in questo spettacolo, vive anche un altro re romano, che ha regnato nel nostro secolo su un trono di cartone: è Ettore Petrolini, col quale l'attore ha un vecchio rapporto di affinità e che qui sembra di vedere vocato non so quante volte con quello stralunar d'occhi, quelle risate a denti stretti, quei lampi allucinanti che trasfigurano e bloccano il viso.
Bisogna essere grati a Garinei, Magni e Proietti, di aver costruito questa favola dove con ironica umiltà la leggenda è usata come scendiletto quotidiano, così simile alle immagini che già furono di Belli, di Pascarella e di Antonio Baldini, e così diversa dall'immagine della città che abbiamo sott'occhio ogni giorno. Questa gratitudine l'hanno già espressa, con i loro applausi a pioggia, gli spettatori della prima: Proietti, Bonagura e gli altri attori sono stati chiamati innumerevoli volte alla ribalta insieme a Magni, Bertacca, Piovani e alla costumista Lucia Mirisola.”
Renzo Tian 16/02/1989 Il Messaggero

“Se pensate di andare all'Alfieri, dove Gigi Proietti è protagonista del mito musicale "i sette re di Roma" di Luigi Magni, prodotto da Garinei e Giovannini, preparatevi a sostenere tre ore di meraviglie sceniche, di camaleontismo, di elegante divertimento; e preparatevi, a costo di subire una garbata lezione di filologia, glottologia e storia, a ritrovare la grande tradizione del musical all'italiana, che per qualcuno non può reggere neppure il peplo al musical anglosassone, ma che, secondo il nostro modestissimo parere, non sfigurerebbe neanche a Broadway…
L'asso nella manica di Garinei è Gigi Proietti, che si prodiga fino allo stremo delle forze per interpretare i sette re e un'altra mezza dozzina di personaggi, cambiando ogni volta registro, premendo sul pedale della caratterizzazione con effetti irresistibili. Una grandissima prova.”
Osvaldo Guerrieri 3/2/1990 La Stampa