Teatro - interprete

Ma l'amor mio non muore

DETTAGLIO

Anno: 2006
Titolo: Ma l'amor mio non muore
Data di debutto: 09/05/2006
Teatro del debutto: Teatro Brancaccio
Città del debutto: Roma

CAST ARTISTICO

Gigi Proietti, Sandra Collodel, Paola Giannetti, Marco Simeoli, Andrea Pirolli, Marco Zadra, Alessandro Procoli, Marco Di Folco, Chiara Mogavero, Sara Soldi, Anna Perillo, Claudia Mancinelli

CAST TECNICO

Autore: Gigi Proietti, Ettore Petrolini

Regia: Gigi Proietti

Scene: Alessandro Chiti

Costumi: Mariolina Bono

Coreografie: Gianni Santucci

Disegno luci: Umile Vainieri

Progetto fonico: Franco Patimo

Direzione Musicale: Mario Vicari

Direzione tecnica: Stefano Cianfichi

Assistente alla regia: Francesca Cioci

CRITICA

"Sarà anche un omaggio a Ettore Petrolini, a settant'anni dalla morte. Sarà l'appuntamento annuale con Roma, al quale la gente non rinuncia. Sarà l'ennesima voglia di un bagno di folla. Sarà. A starci davanti, però, a viverselo dal vivo, seduti comodi su una poltrona del Brancaccio, Ma l'amor mio non muore, spettacolo 2006 di Gigi Proietti, appare soprattutto come un'aristocratica dimostrazione di teatro popolare.il pallino di Gigi, insomma. Che da anni, recitando di fronte a platee stipate e stupite, anfiteatri stadi, piazze rigurgitanti spettatori, insiste sulla dimostrazione preferita: «popolare» non significa facile, compiacente, corrivo. Così, nel tributo che dedica a Petrolini da par suo (non esiste altro artista, oggi, in grado di far rivivere un mito senza ricopiarlo, bensì riproponendo nello spirito e i sapori), ribadisce il concetto. Ha scelto momenti di teatro che glielo consentono: monologhi impervi ma di grande effetto, personaggi notissimi, spunti universali, tipi romani resi icona da un attore cui piacquero la satira, il gioco linguistico, la scena surreale.E spazia in totale allegria, tecnica pazzesca e un immenso talento. Ma l'amor mio non muore, tiritera petroliniana che dà titolo allo show, Gigi ce la appioppa nella prima parte, dopo un prologo di amenità e battute (oltre mezz’ora non prevista dal copione). È un pezzo da collezione che lo vede sardonico, ingenuo, clownesco, spampanato e ardente. Aedo del sentimento, demolitore dell'enfasi zuccherosa. Una fabbrica di sfumature, doppisensi, gesti, espressioni. Poi si entra dentro Roma, fra lacerti di colonna e di obelisco, frontoni e statue, una fonte attorno alla quale si affollano le lavannare. Tutto emerge dai fiumi del passato, tutto tranne Archimede, il calzolaio filosofo, altra creazione petroliniana che Gigi raccoglie e  rivisita a tre dimensioni. Ora storico, ora epicureo, a tratti persino socratico, capace di scardinare i luoghi comuni praticandoli a dismisura. C’è, per far felice il pubblico (e il protagonista), l’immancabile citazione di Nerone, forse la più caustica e impegnata delle figure di Petrolini. E ci sono, esplosivi come sempre, i fatidici «salamini», che Proietti lancia verso chi guarda e ascolta con una forza teatrale assolutamente unica. Quindi, Benedetto Buriana, «Benedetto fra le donne», uno che le femmine le attira, se le vede roteare attorno, ma alla fine non batte chiodo, antesignano dei personaggi di Sordi e Verdone. Seconda parte da buongustai. In apertura, su fondo rosso fiamma, lo strepitoso Gastone con il quale Gigi sottomise, a suo tempo, persino lo sterminato ma casuale pubblico del festival di Sanremo, all’Ariston e nelle case d’Italia. A seguire, pezzi strumentali e canzoni ai quali il mattatore particolarmente affezionato, i boleri, i mambi, le rumbe e i tanghi che gustiamo sempre tanto, spudoratamente (magnifica Obesion). E Benedetto torna con la sua Iole (una divertita, pimpante Sandra Collodel), torna con la Roma dei vicoli e dell’osteria, della parolaccia che è una carezza, dello schiaffo gladiatorio. Si danza, si canta in coro, ci si inchina per ringraziare dopo ben cinque differenti finali della commedia petroniana. Attori, attrici e ballerini fanno la loro parte in un epilogo organizzato, come piace a Proietti regista. Il finalissimo che di solito Gigi concede al suo pubblico, offrendo Toto e il Vecchietto delle pornofiabe, Pietro Ammicca o il cantante francese, ieri sera non c’è stato, a causa del prolungarsi dell’anteprima. Applausi oceanici, naturalmente, da zia Vittoria, 94 anni, in prima fila, che ha coperto Proietti di rose rosse, dai vip presenti in massa e dagli spettatori di un Brancaccio pieno all’inverosimile.”

Rita Sala 09/05/2006 Il Messaggero

Gigi proietti torna sulle orme di Ettore Pietrolini, a settant'anni dalla sua morte. Un omaggio, ma soprattutto un ritorno, perché l'attore romano, pur insofferente all'etichetta di «erede petroliniano», si è spinto spesso nel repertorio dei «Salamini», «Gastone», «Nerone», «ti ha piaciato?». Un richiamo irresistibile per Gigi, che forse non «ereditando», ma di certo reinventando il sarcasmo caustico del creatore di «Chicchignola», suo alter ego, modello stravolto e tradito, ma anche tanto frequentato, ha costruito la proprio maschera comica. Il titolo si deve a una parodia di Petrolini, che rifaceva il verso all'omonimo film muto, strappalacrime, di Lyda Borelli: sintesi compatta dell'ironia petroliniana più cinica e grifagna, che irrideva alla retorica smielata del melò. Solo in scena, su una sedia di paglia, sguardo allucinato, cappellaccio nero, maglietta a righe, scarponi slabbrati ai piedi, Proietti miagola il tormentone «Ma l'amor mio non muore», ridisegnando uno smaliziato clown della romanità.E’ solo il primo assaggio di una lunga carrellata che, in oltre due ore di spettacolo, rimescola una collezione di macchiette, sberleffi, smorfie, caricature. La scena si allarga a una piazzetta capitolina, si affolla di altri personaggi (interpretati tra gli altri da Sandra Collodel), arriva Archimede, il calzolaio filosofo, ora saggio ora smodato, pavido o coraggioso. Poi tocca al più «cattivo», Gastone, gaudente e sfruttatore di donne, e all'incendiario Nerone. Quindi un personaggio quasi inedito, Benedetto Buriana, «benedetto tra le donne», si fa per dire: bulletto sbruffone squattrinato, più che Benedetto è bersagliato dalle femmine. Alla fine il bis di rito ed è delirio del pubblico: ancora un trionfo da mattatore per Gigi.”

Emilia Costantini 19/05/2006 Il Corriere della Sera


“Per il tributo ai 70 anni dalla morte di Petrolini, Gigi Proietti si riaccosta a quel talento anticonformista e popolare che assurse a culto nel primo '900 montando un florilegio di pezzi petroliniani (il terzo della sua carriera, il più emblematico) che ha per titolo Ma l' amor mio non muore, da una satira anti-sentimentale contro l' omonimo film muto. Lui mattatore di oggi incarna lo spirito irrisorio di quel dicitore d' avanguardia soprattutto quando in scena ha una vena scabra, laconica, sorniona, ed economizza l' enfasi fino ad arrivare a un minimalismo "zen", esprimendo il massimo con il minimo. Le partiture comiche di Petrolini non spingono Proietti (salvo qualche caso) a eccessi caricaturali ma lo inducono a poche ed efficaci maschere fisiognomiche (turgori di faccia, di occhiatacce), a irradiazioni nervose, a mimetismi d' automa, a toni di voce stentorei, insomma lo portano a solfeggiare la lingua, i testi e quel trasecolare caustico che discendeva da un umorismo surreale. Il meglio Proietti/Petrolini lo dà quando raggiunge una dimensione quasi stoica. Succede spesso per i Salamini, per i monologhi di Archimede, per la filastrocca del titolo, per Gastone, e per le battute con meccanicità motoria di Benedetto fra le donne dove gli dà manforte una compagnia in cui figura Sandra Collodel. Fa appello a canzoni dentro e fuori il mondo di Petrolini, e sproloquia, sconfina, slitta (il pubblico non vuole altro) da vero padrone. Ma questa è un' altra storia, è la storia di Proietti.”

Rodolfo Di Giammarco, 15/05/2006 La Repubblica