Teatro - interprete

Prove per un recital

DETTAGLIO

Anno: 1996
Titolo: Prove per un recital
Data di debutto: 14/12/1996
Teatro del debutto: Teatro Olimpico

CAST ARTISTICO

Gigi Proietti, Antonio Carrano, Alessandra De PAscalis, Annalisa Favetti, Massimiliano Giovanetti, Fulvia Lorenzetti, Danilo Monardi, Cristian Scionte, Marco Simeoli, Anna Tuveri

CAST TECNICO

Autore: Gigi Proietti

Regia: Gigi Proietti

Coreografie: Pancho Garrison

Disegno luci: Franco Ferrari e Mimmo Lerro

Progetto fonico: Massimo Di Rollo

collaborazione aritstica per scene e costumi: Sandra Collodel

Musiche arrangiate e dirette da: MArio Vicari

Assistente alla regia: Massimiliano Giovanetti

CRITICA
Eppur si muove, Gigi Proietti. L' ultimissima sua fatica teatrale rompe gli schemi consueti del remix di repertorio. Certo, un po' come fanno Dalla o Conte, lui ' riarrangia' alcuni temi ispirativi propri, ma stavolta in ' Prove per un recital' , in scena al Teatro Olimpico di Roma, ha in serbo anche matrici d' idee inedite, disseminate qua e là con la spericolatezza guardinga dei talenti che minimizzano e si risparmiano. E, in questo spettacolo, c' è un intravedibile filone che sovrasta ogni cosa, una risorsa giocata quasi al culmine del secondo malleabile tempo di ' Prove per un recital' . BREVETTANDO le ' Giubilìadi' , che sono un famelico accavallarsi di Giubileo e Olimpiadi incombenti sul futuro della capitale, Gigi Proietti ha introdotto a sorpresa una marcia in più nella sua drammaturgia da proscenio. Dopo aver tanto elaborato e annunciato un musical sui senzatetto (che prendendo spunto dall' umanità da marciapiede pernottante tra scatoloni dovrebbe avere per titolo ' Cartoni animati' ), ecco qui il Gigi nazionale coniare un gagliardo e sibillino portavoce del popolo sommerso, della gente non omologata, dei cittadini scettici e raccontastorie per necessità, per virtù nomade, per nonsenso naturale: nasce, a pochi passi dal 2000, lo stradarolo Giubileo, col cappello a sghimbescio, la figura incolta, i toni d' un oracolo-spazzatura, e secondo noi questo personaggio ha il fiato ironicamente corto ma pure la snervante intelligenza della razza dei rinunciatari, dei barboni per scelta. Ed è una mescolanza di controculture il mondo verbale di Giubileo: scherza sui miti invisibili, sugli osceni sottotesti dei romanzi universali, e con un Tarzan dislessico raggiunge un micidiale clou di mattatorialità gettata alle ortiche. Fa già pronosticare, un' anticipazione del genere, un' ancora più cosmica e comica discesa negli inferni dei ghetti sociali, della cui ' diversità' Proietti sembra saper cogliere la smorfia, l' assurdo, e una qualche segreta e contagiosa poesia. Con effetti recepiti avidamente dal pubblico. S' è parlato, fin qui, di 15-20 minuti di nuova grazia comunicativa. Quanto all' abbondante resto, quasi sempre non è facile stabilire i confini tra materiali di battaglia e appendici o inserti odierni. A condividere non poche affinità col granitico distacco di Giubileo è il vecchio favolista di Proietti che quando si smorzano le luci e il televisore sfodera un regressivo quadro di c' era-una-volta da caminetto con nani, porcellini e faune interscambiabili. Di mai visto s' annovera pure il Proietti rappante con cappellino alla Jovanotti, e nuova o vecchia che sia funziona davvero molto la trovata del conferenziere intellettuale che declama ' Il lonfo' . Ovviamente la scusa delle Prove per un recital è un bell' alibi: la scenografia (a cura di Sandra Collodel, con collaborazione ai costumi) parte da un trovarobato simbolico e approda solo in chiusura a un calligrafico contesto goldoniano, e così l' orchestra di otto elementi diventa esplicita solo col progressivo introdursi delle musiche arrangiate e dirette da Mario Vicari, e i nove giovani della compagnia fanno puntate da sketch. Scherzandoci sopra, Proietti sciorina un decalogo dei trucchi del mestiere, fa pausa con Sinatra o Nat King Cole (cui si richiama anche per un inno a Maastricht), rimette in sesto l' attore d' estrazione popolare alle prese con Brecht, bussa di straforo alla scena-madre di ' O zappatore' , ed eccede di proposito in quello che lui chiama ' bagaglio gestico' con reiterato (e inconscio) tic di ravvivamento della chioma dei capelli. Ed è appunto quasi un problema di chioma, di ridondanza, il suo voluttuoso e indisciplinato problema di genio artistico che inchioderà sempre le platee con uno sberleffo, diffidando di battute depositate. Ma ora ha dentro di sé un cuore di barbone che può far storia.”
Rodolfo Di Giammarco, 21/12/1996, La Repubblica