Teatro - opera

Don Pasquale

DETTAGLIO

Anno: 1985
Titolo: Don Pasquale
Data di debutto: 21/09/1985

CAST ARTISTICO

Natale De Carolis (Don Pasquale)
Amelia Felle (Norina)
Piero Guarnera (Malatesta)
Mario Carrara (Ernesto)

CAST TECNICO

Regia: Gigi Proietti

Scene e Costumi: Quirino Conti

Musica: Gaetano Donizetti

Libretto: Michele Accursi

Direttore concertatore: Massimo De Bernart

Orchestra: International Festival Orchestra di New York

Coro: International Festival Orchestra di New York

CRITICA
In principio era una monumentale poltrona bianca da dentista, vista di spalle. Portaoggetti laterali, sporgenze varie e un vistoso specchio sospeso sopra il paziente. Il tutto bianco come la delimitazione scenica semicircolare, semplice nell' alternarsi di sottili colonne e drappeggi. La prima immagine di Don Pasquale da Corneto ce la restituisce, sbilenca; lo specchio soltanto dopo qualche minuto lo vediamo per intero e, all' arrivo di Malatesta, anche la poltrona viene girata dalla parte giusta. I personaggi vestono un elegante metà-Ottocento color antracite che spicca contro le scene candide: il gioco bianco-e-nero è mantenuto lungo tutta la rappresentazione (soltanto la Norina in toilette da teatro si sottrae alla regola). Viene esaltato nel terzo atto prima con la sfilata di pacchi e pacchettini geometrici e rigorosamente bicolori, poi con la scena notturna conclusiva. In una cornice così stilizzata (scene e costumi di Valeria Comandini da una ricerca iconografica di Quirino Conti) lo spazio per l' intervento registico era d' eccezionale respiro e perigliosità. Senza appigli biecamente naturalistici il ritmo della commedia donizettiana era costantemente affidato alla recitazione. E qui la mano felicissima d' un regista brillante e abituato a lavorare a fondo con gli attori s' è avvertita subito. A partire dalla caratterizzazione sottile ottenuta dal mimo che dava vita alla figura del maggiordomo di casa, come solito decrepito ma qui anche ubriacone sempre in cerca d' equilibrismi adeguati al carisma della livrea. Alla seconda esperienza lirica (il debutto l' anno scorso a Pisa, con Tosca), Gigi Proietti ha fatto un centro esemplare. S' è messo di fronte alla partitura e al libretto di Don Pasquale, con pregevole lucidità, cercando di annodare i fili della comicità grottesca del dramma buffo di Michele Accursi, attribuendogli una forte carica surreale, irresistibile. Proietti in pochi giorni ha fatto miracoli di regia (recitazione disinvolta e credibilissima dei quattro protagonisti poco più che ventenni, e alcuni debuttanti in palcoscenico) ordendo un racconto pulito e come danzante nel ritmo complessivo. All' esecuzione musicale era legato molto interesse di questo Don Pasquale messo in scena al Teatro Nuovo per la trentanovesima stagione del Teatro Lirico Sperimentale "A. Belli", come spettacolo inaugurale (stasera è la volta di Treemonisha di Joplin, sabato di Orfeo ed Euridice di Gluck). Alla guida di una duttile e fresca orchestra giovanile statunitense (l' International Festival Orchestra di New York, con coro annesso) Massimo de Bernart ha restituito al capolavoro maturo donizettiano la verve e la delicatezza di tinte che gli spettano, senza indulgere a un' eleganza diafana anzi stuzzicando la narrazione musicale con tempi intelligenti e gran cura nel far emergere le gemme di strumentazione della partitura. E veniamo ai giovanissimi cantanti. Protagonista era Natale De Carolis, Don Pasquale musicalmente maturo e facile; il peso e il colore della voce possono ancora sostanziarsi, l' approfondimento interpretativo è già eccellente. In attesa di maggiore spessore è anche la voce di Piero Guarnera, ma il suo Malatesta aveva tutte le tinte giuste e una carica di simpatia travolgente. Contenuto ma tenorilmente pregevolissimo l' Ernesto di Mario Carrara, autore d' una prima aria impeccabile. Al femminile avevamo la Norina spigliata e preziosa di Amelia Felle.
Angelo Foletto 26/9/1985 La Repubblica

 
“«Don Pasquale» di Donizetti — grande opera — ha avviato ieri sera, al Teatro Nuovo, la stagione del Teatro lirico sperimentale «Adriano Belli». Nuove sono le voci (vengono da cantanti anch’essi seriamente nuovi), e nuove sono tante altre cose. Nuovo, ad esempio, il bianco spudorato,
che incombe in palcoscenico: bianche le pareti (tutte di tende), bianche le sedie, i tavoli, un lavabo, imponente come una struttura odontoiatrica; bianco Don Pasquale che si acchitta perché l'amico Malatesta gli procura una moglie. Ma è l'innamorata del nipote, e
tante ne combinerà, dopo il finto matrimonio, che Don Pasquale si arrende al bianco della sua vita dissolvente nel bianco di un sogno impastato di latte e calce. È questa l’invenzione scenica di Dario Dato:
invenzione onirica, ma anche «scientifica»; il «color bianco» viene come risultato di mille colori nei quali, con un magico gioco di luci, in
bianco poi si scompone. Si inserisce in questo bianco la regia di Gigi Protetti, che fa, innanzitutto, del dottor Malatesta una ultima reincarnazione di Mefistofele e di Don Pasquale, diremmo, il risvolto
domestico di un Faust che non saprà fermare il suo attimo fuggente. Una regia attenta ad ogni sfumatura soprattutto drammatica; una regia apparentemente calata anch’essa in un bianco sfrontato, che si tinge, a mano a mano che la vicenda si avvicina alla sua «morale», addirittura di nero. Questo nembo minaccioso è stato avvertito anche dal concertatore e direttore d’orchestra, Massimo De Bernart,
spesso sospingente voci e suoni in cumuli di nuvole tempestose.  
I giovani, affidati per qualche mese alle cure di quella splendida cantante e didatta, qual è Maria Vittoria Romano, detta «Marvi» (l'anno scorso fece dei debuttanti di Spoleto gli interpreti geniali dì una
replica del «Don Giovanni» al Teatro dell'Opera di Roma), si sono esibiti con una invidiabile sicurezza di emissione, attenti alla sfumatura timbrica più raffinata.  Il diabolico Malatesta (nel bianco era, diremmo, l’uomo in grigio») abbiamo apprezzato un convincente Piero Guarnera, felicemente realizzato, laddove Mario Carrara (Ernesto) ha lasciato che la bella voce sopravanzasse il gesto scenico non ancora ben sciolto.
Straordinari Natale De Carolis ed Amelia Felle (Don Pasquale e Norina): due cantanti «donizettiani», che farebbero la fortuna di ogni Ente lirico
in vena di buone iniziative. Successo pieno. Si replica stasera.”
Erasmo Valente 22/9/1985 L’Unità