Teatro - opera

Tosca

DETTAGLIO

Anno: 1984
Titolo: Tosca
Data di debutto: 29/09/1984

CAST ARTISTICO

Olivia Stapp/Marina Krilovici (Tosca)
Nicola Martinucci (Mario Cavaradossi)
Silvano Carroli (Scarpia)
Giovanni Alfredo Giacomotti (Angelotti)
Graziano Polidori (sagrestano)
Carlo Bosi (Spoletta)
Alberto Carusi (Sciarrone)
Luigi Risani (un carceriere)

CAST TECNICO

Regia: Luigi Proietti

Scene e Costumi: Quirino Conti

Musica: Giacomo Puccini

Direttore concertatore: Reynaldo Giovanninetti

Maestro del coro: Marco Bargagna

Orchestra: Orchestra regionale Toscana

Coro: Coro del TeatroVerdi di Pisa

CURIOSITÀ

Gigi ne parlò scrivendo un piccolo articolo sul Corriere della Sera:

“Una regia lirica. Embè? Sarei disonesto se dicessi che da sempre ci pensavo: non è per niente vero… Me l'hanno proposto gli amici del teatro Verdi di Pisa dove ogni anno, a fine settembre, si organizza una breve stagione lirica.«Perché non fai la regia di Tosca?» Paro paro. E non era uno scherzo. Lì per lì ci sono rimasto: lasciatemi pensare ho replicato. Ma dopo appena 10 minuti ho detto sì, sia pure con l'aggiunta di un «vedremo». Invece non ci sono state altre incertezze. Anche perché, e non vuole essere una giustificazione a posteriori, pure questo è teatro, teatro con musica sia pure, ma teatro nostro della tradizione. Il fatto che questi cantino, vuol dire che mi ritroverò fra le mani degli strani attori. Forse è tutta qui la differenza, per un regista. Comunque, me la sono studiata la Tosca. E si scoprono cose che ti meravigliano. Per esempio, dal punto di vista tecnico, scopri che questi mostri (da Puccini a Verdi) sono anche grandi uomini di teatro: hanno calcolato tutto, tempi, movimenti eccetera. Tanto che ti riesce difficile pensare come certuni riescano a stravolgere queste opere, come gli venga in mente di dire «diamogli una rispolverata». Per parte mia, punterò soprattutto su una impostazione visiva: da questo punto di vista, sarà sicuramente uno spettacolo molto inventato. Le luci soprattutto, e le scene, e i costumi: ho "inventato" un collaboratore, Quirino Conti, un giovane stilista che si cimenta con l’opera. Mi auguro venga fuori uno spettacolo giusto, anche perché ho a disposizione ottimi interpreti: Olivia Sta’ che è Tosca, Nicola Martinucci che è Mario e Silvano Carroli Scarpia (lo è stato recentemente anche nella Tosca rappresentata a Caracalla). Quello della lirica non è mai stato il mio mondo: ma forse ora lo può diventare, visto l'interesse che mi è nato con questa occasione. “

Luigi Proietti 15/9/1984 Il Corriere della Sera

CRITICA
Fra i motivi di tanto richiamo c'è anche un pizzico di furbizia dell' intelligente programmatore che ha voluto l' esordio di Luigi Proietti nell' opera lirica, un campo ormai battutissimo e vagheggiato dagli showman dello spettacolo. E Proietti ha vinto la scommessa e con lui il direttore artistico Angelo Cavallaro, e l'intero staff dirigenziale del teatro Verdi. In tempi di "Bohème" da overdose, di Rigoletti con manichini, di Orfei in motocicletta, qualcuno si aspettava forse che dall' indiavolata fantasia del mattatore Gigi scappasse fuori chissà quale immagine capovolta di Floria Tosca e del pittore cavalier Cavaradossi. Niente di tutto questo. Proietti del resto l' aveva detto a chiare lettere: nessuno scandalo, l' intreccio musica-scena non si tocca, basta andar dietro a Puccini. Proietti dunque ha preferito non correre rischi, riuscendo nell' impresa proprio per l' onestà della scrittura scenica, le morbide cadenze narrative, la limpida costruzione di una vicenda che Puccini condisce di esasperati e ridondanti succhi musicali dopo il sapore intimistico di "Bohème". L' involucro, nei tre momenti in cui si dipana l' azione, era quello essenziale e ben disegnato da Quirino Conti di una Roma classicheggiante e lineare: poderose e bianche colonne scanalate dividono lo spazio sullo sfondo di alte e levigate pareti nella scena di Sant'Andrea della Valle (bello e divertente il contrasto con l' abito rosso dei saltellanti seminaristi), sobrio e vasto lo studio di Scarpia dove si consuma il delitto politico-sentimentale per mano di Tosca (peccato quell' enorme e ingombrante piede davanti a un altrettanto inutile dito indice che s' alza da una mano sistemata nella nicchia), semplice e funzionale la ricostruzione di Castel Sant'Angelo che assorbe la tragedia-beffa finale senza un' ombra di retorica. L' Ottocento napoleonico anzichè enfatizzarsi e confondersi ai fasti della Roma barocca, trova dunque nell' ambientazione e nel gesto dei personaggi una misura espressiva pulita e ben calibrata, memore di certi stilizzati rituali scenici di Bellini o dello stesso Spontini. Ci pensa poi Puccini a ricordarci che al di là del momento storico in cui avvengono i fatti siamo in fase di verismo galoppante. In tale contesto di semplificazione sintattica l' accesa e travolgente sostanza musicale della partitura non ha sempre trovato il giusto respiro. Pensiamo al solenne Te Deum del primo atto, passato in troppa fretta o al poderoso e insinuante viluppo erotico che lega la vittima (Tosca) al suo oppressore (Scarpia) poi colpito a morte. Ma certe discrepanze di lettura derivavano sia dallo scarso fonico espresso dall' orchestra regionale diretta da Reynald Giovanninetti, che tuttavia lavorava bene di finezza nella scelta di tocchi e colori timbrici esili ma precisi, sia dal diverso spessore vocale dei protagonisti. A un Silvano Carroli, autorevole e sufficientemente cattivo Scarpia si contrapponeva una Olivia Stapp la cui tessitura, bella e gradevole nel registro medio-alto, si incrina quando scende o si perde del tutto nel parlato che in Tosca vale quanto e più di un acuto sia pure perfettamente emesso. In grande risalto il tenore Nicola Martinucci nel ruolo di Cavaradossi: bella e potente la qualità del mezzo, sicuro ed elegante il portamento. Le altre parti erano sostenute con dignità da Giovanni Alfredo Giacomotti (Angelotti), Graziano Polidori (sagrestano), Carlo Bosi (Spoletta), Alberto Carusi (Sciarrone), Luigi Risani (un carceriere). Il coro era quello del Verdi diretto da Marco Bargagna. Quanto all' orchestra regionale, l' insieme ha meritato ogni elogio per impegno e professionalità sotto l'attenta e sensibilissima bacchetta di Giovanninetti.
Marcello De Angelis 3/10/1984 La Repubblica