Teatro - regie

Casa di frontiera

DETTAGLIO

Anno: 1994
Titolo: Casa di frontiera
Data di debutto: 18/01/1994
Teatro del debutto: Teatro Parioli
Città del debutto: Roma

CAST ARTISTICO

Gianfelice Imparato, Marioletta Bideri, Sandra Collodel, Gigi Savoia

CAST TECNICO

Autore: Gianfelice Imparato

Regia: Gigi Proietti

Scene e Costumi: Silvia Polidori

CRITICA
"Chiamarsi Gennaro e Addolorata Strùmmolo, e ritrovarsi in un'Italia del Nord
divisa dal resto della penisola, ecco un bel problema. Gianfelice Imparato, in questa sua Casa di frontiera, porta all’estremo le conseguenze dell'ancora immaginaria separazione quanti provengono dal Sud saranno dunque rinchiusi in riserve, come gli Indiani d'America, condotti a lavorare fuori, prima dell'alba, e ricondotti la sera nelle loro abitazioni. Quella dove vivono i fratelli Strùmmolo si colloca giusto sulla linea di confine dal suo terrazzino, Gennaro può conversare con la dirimpettaia famiglia settentrionale e tentare d'ingraziarsela, sperimentando così, anche, I'apprendimento dell'idioma di quel popolo sovrano. Giacchè Gennaro
persegue il sogno d'integrarsi nella nuova entità statuale e culturale ha camuffato, per sé e per sua sorella, nome e cognome (quest'ultimo abbreviato in Strum, tanto da suonare, più che nordico, tedesco) nasconde la nera capigliatura in una ridicola parrucca rossastra, rinnega persino la cucina partenopea, si umilia e si prosterna dinanzi all'assistente sociale lombardo- veneta tale Olga Battaglin, una sorta di kapò, incaricata di •civilizzarlo», in vista di un’eventuale benevola, futura (molto futura) concessione della dignità di cittadino della nuova Repubblica. Resiste invece, al disegno fraterno, Addolorata e le dà man forte il baldo amico Ciro Cacàce, che nei dati anagrafici, nell'aspetto, nei modi conserva e concentra il meglio e il peggio della napoletanità. E succede che, al fascino esotico di costui non risulti insensibile la veneto-lombarda caporalessa, le cui rigide posture e divise militaresche mal celano un cuore e un corpo di donna. Sviluppi e conclusioni (un tantino affrettate) della vicenda sono prevedibili, per la verità almeno in parte E, comunque, la morale della favola ognuno la trarrà, se crede, per suo conto. Certo é che, affrontando con spinto allegro un tema serio e grave, Imparato diverte il suo pubblico ma insinua anche, nell'animo dei più refrattari, qualche salutare dubbio su quali potrebbero essere le prospettive reali di un federalismo «dal volto umano». Come scrittura, Casa di frontiera deve parecchio, ci sembra (a cominciare dalla definizione della coppia protagonista), all'alto esempio di Eduardo, evocato esplicitamente e affettuosamente nel quadro finale, che ricorda Natale in casa Cupiello. L'autore padroneggia assai bene il suo dialetto, e ricava gustosi effetti, talora irresistibili, dal contrasto tra le diverse espressioni vernacolari (mentre l'italiano «ufficiale», quando si affaccia nei dialoghi, viene opportunamente schernito). Gigi Proietti ha offerto al nuovo testo una regia solidale e calzante, Silvia Polidori ha contribuito alla riuscita dello spettacolo (un ora e tre quarti di durata intervallo incluso) con una scenografia agile e con azzeccati costumi. Affiatato e appropriato il quartetto degli interpreti, lo stesso Imparato come Gennaro,  Marioletta Bideri come Addolorata (applauditissima la sua ricetta, illustrata in voce e in gesti degli spaghetti a pomodoro e basilico), Gigi Savoia come Ciro, Sandra Collodel come Olga. I quali Ciro e Olga si producono anche nel canto (e alquanto spassosa è la versione nordico-lacustre di Torna a Surriento, mentre agli apporti musicali originali hanno provveduto Gioacchino Rispoli e Roberto
Coccia) Tante risate e intenso scrosciar di battimani, nella sala del Teatro Parioli, dove le repliche sono in programma fino a domenica 13 febbraio."
Aggeo Savioli, 20/01/1994, L'Unità

"Le ipotesi o minacce secessioniste del senatore Gianfranco Miglio e dell'onorevole Umberto Bossi arrivano in teatro. Gianfelice Imparato, ottimo attore della grande tradizione napoletana (lo ricordiamo eccellente comprimario di alcuni dei migliori spettacoli di Luca de Filippo), affronta per il suo esordio come autore la prospettiva ("di fantasia, ma mica tanto”, per usare le sue stesse parole) di una Repubblica del Nord dove i meridionali vengono confinati in riserve e da lì vengono prelevati ogni mattina per essere portati sotto scorta al lavoro. In compenso, è assolutamente vietato chiamarli «terroni», e un assistente sociale li visita quasi ogni giorno per controllare a che punto è la loro de-meridionalizzazione in vista di una possibile e, si capisce, ambitissima concessione della cittadinanza padana. Il protagonista della commedia, che si intitola  Casa di frontiera e si vale della regia di Gigi Proietti, e fra quanti aspirano con più fervore alla conquista di tale status e si adoperano con più diligenza per ottenerlo. Per questo ha mutato il proprio nome e cognome, Gennaro Strummolo, in un simil-tedesco Gherri Strum, affetta comportamenti e modi di dire lombardi, subisce senza ribellarsi le peggiori angherie dei «residenti» e si ficca sulla testa, ogni volta che deve mostrarsi in pubblico, un’orripilante parrucca rossastra. E poiché è lo stesso Imparato a sostenere da par suo la parte, tutto questo non manca di produrre, con discreta frequenza, gli effetti comici desiderati. Ad assicurare la carburazione del congegno narrativo è un terzetto di altri personaggi: Addolorata detta Dolores o Dolai,  la sorella di Gennaro, assai meno desiderosa di lui di diventare cittadina del Nord e ancor meno disposta a subire i soprusi di chi già lo è; Ciro, il fidanzato di lei, napoletano verace che progetta di tornarsene a casa facendosi passare, chissà perché, per profugo bosniaco; infine Olga, la prosperosa assistente sociale, veneta non meno verace ma segretamente innamorata delle belle canzoni e dei bei ragazzi partenopei. Tutti, bene o male, se la caveranno: Ciro seducendo Olga, Olga dando sfogo alla sua trasgressiva passione, Addolorata - Dolai trovandosi un altro fidanzato e trasformandosi inopinatamente in una ragazza lombarda con tanto di erre moscia; tutti tranne Gennaro, che frustrato e umiliato si barrica in casa per adorare clandestinamente il presepe mentre fuori si inneggia con dolci accenti tedeschi all’albero di Natale… La regia di Proietti è serrata e spigliata e gli attori sono bravi, a cominciare naturalmente da Imparato e proseguendo con Marionetta Bidelli (la sorella), Gigi Savoia (Ciro) e Sandra Collodel (l’assistente sociale). La commedia in quanto tale, come si sarà capito, è una piccola cosa; ma ha precisione ritmica, continuità e, se così si può dire, una sua irrecusabile sensatezza metaforica. D’altronde, questo è il teatro «ideologico» che il livello dell’attuale temperie politica richiede e consente: alla ascesa di Hitler non bastò contrapporre il genio di Brecht e quello di Chaplin, all’ascesa di Miglio e di Bossi è ragionevole pensare che basti contrapporre il talento comico di Gianfelice Imparato."
Giovanni Raboni, 25/01/1994 Il Corriere della Sera