Teatro - regie

Dramma della gelosia

DETTAGLIO

Anno: 1999
Titolo: Dramma della gelosia
Data di debutto: 04/08/1999
Teatro del debutto: Teatro Magellano
Città del debutto: Ostia

CAST ARTISTICO

Pino Quartullo, Sandra Collodel, Pierfrancesco Favino, Stefano Ambrogi, Valerio Aprea, Giorgio Contigiani, Alessandra De Pascalis, Silvana Guerrieri, Enzo Marcelli, Graziano Marcelli, Paolo Orlandelli, Giulia Ricciardi, Alessio Sardelli

CAST TECNICO

Autore: Age, Scarpelli, Scola

Regia: Gigi Proietti

Scene: Stefano Giambanco

Costumi: Luciano Capozzi

Musiche: Armando Trovajoli

CRITICA
"Un tempo il teatro era depresso e chi aveva talento scriveva per il cinema, mentre oggi che è depresso anche il cinema, il teatro è caduto così in basso da andarsi a cercare le vecchie sceneggiature dei film. Ma l'ottimista non dice niente e si gode la serata, di quelle che ogni tanto rilanciano il mito dell'estate romana. A Ostia proprio davanti al mare è stato ricavato un teatro a cielo aperto, più che accettabile una volta fatto l'orecchio ai microfoni (sound rimbombante da arena popolare di una volta); e qui sotto le stelle, senza fretta (inizio ore 21,40 circa, fine intorno a mezzanotte), si tributano grandi consensi alla trasposizione di un film non dimenticato, «Dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca)», diretto nel 1969 da Ettore Scola e sceneggiato dal regista con Age e Scarpelli. «Dramma della gelosia» arrivò in una stagione in cui la commedia (cinematografica) all'italiana aveva già dato il meglio, e non si inserì nel filone; non si propose come satira di costume, né ebbe al centro uno dei quattro «mostri» di allora, Sordi Gassman Tognazzi Manfredi. Si rifece piuttosto allo schema dell'Opera da tre soldi, straccioni che vivono una vicenda di passioni più grandi di loro: Adelaide fioraia al Verano perde la testa per Oreste muratore («prima cucchiara»), portandolo via alla moglie vecchia e grassa, salvo poi incapricciarsi del pizzettaro Nello. Il buffo sta nella serietà con cui i tre si lasciano trasportare dal destino, sentendosi anche in dovere, in un'epoca che cominciava a emanciparsi, di tentare, disastrosamente, la via della disinvoltura, addirittura proponendosi il ménage à trois alla luce del sole. Oltre all'impiego nelle parti principali di non specialisti del comico (Mastroianni, la Vitti e Giannini), le novità del copione furono due. La prima fu linguistica, il rinnovo del già allora usurato romanesco mediante l'invenzione di divertenti spropositi da fotoromanzo orecchiato di Adelaide e Oreste, contrappuntati dal disincantato toscano di Nello; la seconda fu narrativa, la scelta di una ricostruzione a tasselli, col fatto di sangue e i suoi antecedenti che emergono dalle testimonianze rese a giudici invisibili. Nel suo intelligente adattamento il regista dell'edizione teatrale, Gigi Proietti, oltre a non dimenticare gli accenni al periodo, come un comizio di Ingrao (e l'attesa di Citto Maselli in una cellula del Partito), ha messo in scena anche gli uomini di legge, uno dei quali, Massimiliano Giovanetti, risulta particolarmente divertente col suo latino da tribunale; e per il resto ha seguito il film, con una struttura a scene brevi e brevissime, e dieci attori a dar vita a ventiquattro personaggi. Efficace l'impianto scenico di Stefano Giambanco, con muri di mattoni che ruotano per rivelare interni sempre diversi grazie all'ammirevole tempismo dei cambiamenti, e egregio il lavoro degli interpreti, a cominciare dai minori, come il muratore con cui Oreste si confida e che non apre mai bocca (Valerio Aprea) o il sarcastico cameriere di Ambleto (Graziano Marcelli). Ambleto è un macellaio ricco e volgare che per un po' si prende Adelaide, e Stefano Ambrogi ne fa una caratterizzazione gustosa. Impeccabili, infine, i protagonisti: Pierfrancesco Favino come il pizzettaro orgoglioso. Pino Quartullo come il dilaniato e poi sempre più emaciato Oreste, e Sandra Collodel, una via di mezzo fra Simona Marchini e l'Ombretta Colli di una volta, come una focosa Adelaide dalle gambe lunghe. Del gradimento generale ho già detto, repliche qui fino all'otto."
Masolino D'Amico, 06/08/1999, La Stampa

"Nel panorama dei revival del teatro popolare, che non sembra potersi ispirare da noi a una nuova attenta vena creativa, fa almeno un bell' effetto assistere a uno spettacolo che per linguaggi, comportamenti, scenari e musiche documenta con tecniche da fotoromanzo uno spaccato degli anni italiani della fine delle ideologie, con conseguenti modelli di (falso) benessere alla portata di tutti, con l' ennesima tragicommedia che miete vittime per l' avvento di passioni private al posto di quelle sociali. Questo passato prossimo degli anni Settanta è la trascrizione dal vivo del Dramma della gelosia (Tutti i particolari in cronaca) di Age-Scarpelli- Scola che Gigi Proietti in panni di adattatore e regista ha reillustrato scegliendo di "storicizzare" e volgere in musical il film di Scola di trent' anni fa. Oggi tiene a battesimo due realtà nuove, questo ironico feuilleton a base di sottoproletariato, Feste dell' Unità, amori senza complessi, canzoni della Caselli e di Reitano, e omicidio per raptus sentimentale: nasce la compagnia Fabbrica ' 99 in cui Pino Quartullo e Sandra Collodel, protagonisti della commedia con Pierfrancesco Favino, vantano il ruolo di attori-pionieri del Laboratorio di Proietti, e s' è appena avviata, col Dramma della gelosia, l' attività del capiente Teatro in Fiera all' Eur col sostegno anche del Comune. Fin qui i crediti, le filiazioni, i risguardi. Ma c' è pure, malgrado il rispetto delle 59-scene-59 del film, un' operazione autonoma. La mobilità del testo è accentuata dal continuo girare su se stesse di cinque brecce di muro (impianto di Stefano Giambanco) con funzione di periatti svelanti baracchini di fiori, impalcature per muratori, interni domestici, pizzeria, ospedale e via dicendo. In questi scorci volubili il dramma, prima che della gelosia, è d' un processo velleitario e perbenizzatore, ossia il contrario dell' attuale corsa comica al coattume. In un mondo urbano senza congiuntivi la fioraia Adelaide, una Collodel disinvolta e molto espressiva, si innamora prima di tutto del muratore Oreste, un Quartullo arrovellatamente genuino e vulnerabile (assai bravo nello scompenso culminante da barbone), ma è destino che dopo aver messo piede in una trattoria e dopo alcuni quadri di agitazioni politiche il richiamo del sesso la faccia dirottare sul pizzettaio maoista Nello, un pragmatico e contagioso Favino. Un fatto nuovo, lo strabismo amoroso, per una classe povera. E lei che già mastica l' inglese, fa pure un rozzo ricorso allo psicanalista ("Un disturbo neurovegetativo o sono mignotta?"). Fatalmente un po' datato ma buffo il tentativo di ménage à trois all' albergo Molise, e poi si susseguono le scelte depistanti: un terzo partner di comodo come il ricco macellaio Ambleto, la rimpatriata (anche in abito nuziale) con Nello, e l' amore confessato invece a Oreste quando ormai lei è morente per una coltellata sfuggita nel duello tra i due uomini. Il tutto montato dalla messinscena prodiga e divertita di Proietti sotto forma di fattaccio diluito in scene madri, vignette e pagine canore, con una bella franca dignità corale apportata da un' altra dozzina di interpreti. E con piacevoli musiche ricomposte da Armando Trovajoli."
Rodolfo Di Giammarco, 07/01/2000 La Repubblica

“…Se Oreste, Nello, Adelaide e la loro guerra d'amore non hanno più un posto reale nella società di oggi, è anche vero che Proietti, riproponendo la loro "storiaccia" romana, mette in atto un disegno ben preciso: riflettere e far riflettere sui "tradimenti" sentimentali e politici ai quali vanno imputati gli odierni disequilibri sociali e di coppia, partitici e più largamente politici, di impegno e d’amicizia. E davvero, nell'approccio realistico, sempre pronto a fuggire verso il grottesco, la parodia, l'allegoria o l'iperbole, cioè la possibilità di riconoscere un sovra testo che scuote per il bavero le comuni stanchezze. Sandra Collodel non si perde nella fotocopia impossibile della Adelaide che l'ha preceduta. Ormai padrona di un mestiere sfaccettato collaudata dalle non poche repliche di questa messa in scena, è padrona del personaggio e di tutte le sfumature adesso consentite, Pino Quartullo (Oreste) dà corpo fisico e corpo metaforico all'Oreste che fu di Mastroianni, straniato quel tanto che occorre a marcare la distanza fra l'evento di trent'anni fa e l’ammonente versione teatrale di Proietti. Edoardo Leo fa Nello; Giulia Ricciardi anima Silvana, estroversa sorella di Adelaide; Stefano Ambrogi spadroneggia da macellaro coperto d’oro. Ahi, serva Italia… Una delizia le musiche di Trovajoli.  Non sul pubblico di estimatori, artisti, fan, amici, "addetti ai lavori”, politici e rappresentanti delle istituzioni presente ieri sera va testato il potere dell’amarcord voluto da Gigi. Se il successo targato vip è stato ovviamente calorosissimo, i riscontri di schietta marca quirite, costati almeno una sosta al botteghino e la mano in tasca per pagare il biglietto, daranno all’operazione Brancaccio la forza  «di base» che merita e attende.”
Rita Sala, 5/01/2001 Il Messaggero