Teatro - regie

La pulce nell'orecchio

DETTAGLIO

Anno: 1991
Titolo: La pulce nell'orecchio
Data di debutto: 17/12/1991
Teatro del debutto: Teatro Nazionale
Città del debutto: Roma

CAST ARTISTICO

Geppy Gleijeses, Paola Tedesco, Andy Luotto, Anna Teresa Rossini, Isa Barzizza, Francesco De Rosa, Giuliano Manetti

CAST TECNICO

Autore: Georges Feydeau

Regia: Gigi Proietti

Scene e Costumi: Cappellini&Licheri

Musiche: Lucio Gregoretti

Traduzione: Ivo Chiesa

CRITICA
-Quando scrivo una commedia e mi accorgo che due personaggi non devono incontrarsi,
io li metto di fronte» raccontava Feydeau a chi chiedeva lumi sui suo inesauribile talento.
Una regola preziosa per gli esplosivi marchingegni di cui infarciva i vaudeville di cui ben presto divenne indiscusso maestro. Da quell'incontro indesiderato scaturiscono sorpresa e fuga, precipitare degli
eventi e moltiplicarsi dei quiproquo, tutti ingredienti indispensabili al genere che proprio Georges Feydeau (1862-
1921 ) contribuì a nobilitare. Scritta nel 1907 e baciata dal successo immediato, La pulce
nell'orecchio è stata ripresaadesso dalla compagnia di Geppy Gleijeses, nella felice e
collaudata traduzione di Ivo Chiesa. Con la maestria di un ingegnere, Feydeau ha costruito un intreccio iperbolico e pirotecnico
dove tutto, come sempre nel vaudeville, ha inizio da un niente. Il nonnulla, in questo caso, è la pulce saltata nell'orecchio della signora
Chandebise sulla presunta infedeltà del manto. Quel dubbio la spinge a recapitargli una lettera anonima che lo invita ad un convegno clandestino con una (finta) sconosciuta ammiratrice. Destinazione:
una stanza dell'albergo del Gatto Innamorato, dove ad attendere il fedifrago si presenta
proprio la legittima consorte. E qui il diabolico Feydeau fa convergere uno dopo l'altro e
infine tutti, contemporaneamente, i personaggi che già si sono conosciuti a casa Chandebise. Affascinante è il gioco di doppi,
veri, presunti e immaginati: nell'albergo degli appuntamenti galanti, le onorate signore,
i rispettabili signori, gli inappuntabili medici e persino i fedeli servitori restano vittime
del trucco teatrale del cambio di identità, salvo poi tornare, una volta chiariti gli equivoci, a vestire i panni di una borghesia
vana e smascherata.
Il regista Gigi Proietti ha scelto la strada della riproposizione fedele, contando sulle già
ricche indicazioni di cui Feydeau corredava ogni suo testo. Una lettura «leggera leggera»,
che lascia gli attori liberi di muoversi all'interno del ritmo già serrato della commedia, ma autorizza scivolamenti e
ammiccamenti gestuali e linguistici
che nulla aggiungono al contesto, spinti dalla presenza del capocomico Gleijeses,
impegnato con brio nel duplice ruolo di Chandebise e del suo sosia Poche. Attorno a
lui si muovono Andy Luotto. senza troppa adesione nei panni del focoso marito spagnolo, Paola Tedesco, compita madame Chandebise, Paolo Bendazzoli, bravo Camillo dall'incomprensibile
pronuncia e Isa Barzizza prosperosa proprietaria dell'albergo stregato.
Stefania Chinzari, 20/12/1991 L'Unità

Non risale a un passato molto lontano la tardiva rivalutazione di Georges Feydeau; ma lo si consideri - come si tende a fare oggi - un classico o un mestierante commerciale come ieri, questo grande orologiaio di meccanismi e di simulazioni di vita da anni viene centellinato col contagocce sui palcoscenici italiani. Diversi sono i motivi dell' astinenza. In primis le sue commedie affollate da molti personaggi prevedono un impegno produttivo ormai raramente azzardato anche da chi ha mezzi e nomi; e i teatri pubblici, che più lo potrebbero non sono ancora abbastanza convinti che si può fare cultura affrontando un testo comico dell' era borghese. C' è poi la difficoltà di formare un complesso in grado di rappresentare un perfezionista così maniacale, di riunire tanti attori di prim' ordine disposti a sintonizzarsi in parti che si equivalgono. Ora a provarsi nella Pulce nell' orecchio, recuperando la collaudata traduzione di Ivo Chiesa, è la compagnia privata di Geppy Gleyeses, che rinnova così l' interesse dimostrato due anni fa con la messinscena di La palla al piede. Il testo, scritto nel 1907, ha un impianto esemplare con la sua trama di sospetti e gelosie coniugali e di pruriti extraconiugali, che germinano nel prologo e s' acquetano nell' epilogo, dopo essersi esplicati nel paradiso proibito dei repressi, dove l' eccentrica brigata si trasferisce al completo nel second' atto: l' hotel dove tutto è possibile ma tra equivoci e sensi di colpa nulla viene consumato. In questo albergo del libero scambio, fornito di una stanza rifugio con parete girevole, si verifica un insensato e fortuito ingorgo di coppie bizzarramente assortite, da persone convenute a volte per sostituirne altre in appuntamenti con supposti ignoti che si rivelano notissimi: di qui un disordine crescente di incontri a sorpresa, riconoscimenti, inseguimenti, aggravati dalla presenza di un focoso vendicatore dell' onore e dalla somiglianza del cameriere alcolizzato dell' ostello col capo della famiglia in visita. Oggi si potrebbe anche guardare Feydeau dal punto di vista della critica sociale: ma le ricette canoniche per affrontarlo prevedono una rigorosa stilizzazione o un feroce realismo, da coniugare comunque con la forsennatezza dei ritmi. Da evitare in ogni caso la coloritura a tutti i costi di questi mediocri impigliati nell' assurdo; guai a ribaltare la comicità dalle situazioni sui connotati dei personaggi. E' proprio questa invece la strada percorsa dallo spettacolo di Gleyeses, firmato da Gigi Proietti: una ridda di macchiette esagitate con l' occhio alla farsa, a partire dal nominato capocomico, che dà vita e tic alle diversità dei due sosia, con esuberanza compiaciuta e consapevole. A lui almeno sono concessi due tasti: su uno solo da sovraccaricare di gesti e di toni, si attestano invece l' ansiosa Paola Tedesco, l' attonita Anna Teresa Rossini, il subdolo Francesco De Rosa, il furbesco Giuliano Manetti, mentre Andy Luotto ci propina l' occhio ' fiso' e il labbro cadente di tante serate televisive con l' aggiunta di una dose di furore sedicente ispanico. Al manierismo delle composizioni risponde quello del contenitore: un presepe di citazioni liberty montate da Alida Cappellini e Giovanni Licheri in sintonia con i costumi, eccessivi nelle tinte e nelle decorazioni per rendere ridicole le signore che li indossano, o un infoiato stallone inglese in tenuta da ginnastica (Giampiero Tomasini). Tra tanti approcci individuali al lazzo vorrei soltanto ricordare la nuova rentree di Isa Barzizza, matura e godibile tenutaria quarant'anni dopo una carriera di soubrette adolescente, e la precisione felice di Paolo Bendazzoli, che incarna, con impeccabile rigore e razionalità inversamente proporzionale alla follia del suo linguaggio, il giovanotto incapace di pronunciare le consonanti. Per capire l' occasione che s' è perduta bastano i momenti in cui l' insensatezza del quadro e la meccanicità dei ritmi risaltano sulla chiassosa sguaiataggine delle caricature. Si poteva ridere di più, ma si applaude lo stesso. 
Franco Quadri, 27/12/1991 La Repubblica