Televisione - sceneggiati & fiction

Fregoli

DETTAGLIO

Anno: 1981
Titolo: Fregoli
Ruolo: Leopoldo Fregoli
In onda dal: 19/04/1981

CAST ARTISTICO

Luigi Proietti, Mario Carotenuto, Lina Polito, Marzio C. Honorato, Claudio Sorrentino, Nestor Garay, Claudine Auger, Lia Tanzi

CAST TECNICO

Regia: Paolo Cavara

Sceneggiatura: Paolo Cavara, Lucia Drudy Dembi, Roberto Lerici

Direttore della fotografia: Mario Vulpiani

Scene: Elio Micheli

Costumi: Giulia De Riu

Musiche: Piero Pintucci

dialoghi: Roberto Lerici

CURIOSITÀ
Qual'è stato il suo rapporto con il personaggio di Fregoli?

 «Un po', forse ci somigliamo. Di lui si conosce molto poco ed ogni situazione bisogna un po' reinventarla, quasi costruirla ex novo. Fregoli era un uomo bizzarro: il fatto stesso che poteva immedesimarsi del tutto nel personaggio che interpretava gli dona, ancora oggi, più fascino.»


E come lo giudica?

«Fregoli riviveva i molti personaggi che interpretava con tanta e tale da da subire crisi fortissime di identità.non a caso ho smesso molto presto di recitare.e perché? Era stanco della vita e di continuare a fare migliaia e migliaia di parodia ogni sera.era un attore vero e, in più aveva una grande carica umana, tristezza, desiderio come pochi di stare solo…»


Come ha fatto lei, Proietti, con la sua personalità spiccata a dar vita a un personaggio che, quanto a personalità, ne possedeva cento forse più?


«Può sembrare strano, ma anche Fregoli aveva una personalità molto spiccata. Il trasformismo era il suo modo di vivere e questo modo, puntualmente, lo rivestiva di goliardia tanto sul palcoscenico quanto in privato. È stato un gioco continuo, frizzante, di mimica. Io non credo di avere rivestito con la mia personalità Fregoli. Semmai è stato lui ad incantarmi, a vestirmi».


Cosa hai capito di questo personaggio?


«Fregoli ha vissuto la sua vita come un’immensa burla, in maniera tutta esteriore, che era anche un metro, da parte sua, per misurare e, di conseguenza valutare, l’umanità, la forza, la debolezza degli altri».


C’è differenza tra il modo in cui lei vive il rapporto con il pubblico e come lo viveva Fregoli?


«Oggi il rapporto con il pubblico è più difficile perché è diventato molto più difficile far ridere con intelligenza. Il motivo? Mancano i testi e, contemporaneamente, l’abitudine al ridere. Per troppo tempo il pubblico ha dovuto scegliere solo tra l’avanspettacolo e i dragoni patetico-sentimentali. In seguito ci sono stati anche esperimenti, teatri d’avanguardia, cantine, i rifacimenti dei classici, che non sono mai riusciti a coinvolgere lo spettatore. Odio il teatro naturalista. Il teatro autentico è finzione e chi viene a teatro vuol soprattutto vedere come si finge una certa cosa con come è nella realtà. Le elucubrazioni allontanano lo spettatore. Il teatro è gioco, invenzione popolare mai populistica. Soddisferà, vero, la nostra vanità di attori ma soprattutto è un modo di dialogare con la gente».


L.L. 18/04/1981 Corriere d'Informazione


«Per me — confessa Gigi Proietti — questo Fregoli è forse la cosa più bella che abbia mai fatto come attore. Prima di tutto è un ruolo: non è uno show. Un ruolo vero sorretto da un consistente lavoro drammaturgico fatto da Roberto Lerici. E poi, è la prima volta che sono sincero. Finora avevo evitato la sincerità perché preferivo la finzione a certe operazioni di tipo realistico. L'aspetto realistico in questo film televisivo emergerà soprattutto nelle ultime puntate poiché sia la prima che la seconda sono incentrate sugli aspetti giovanili di Fregoli, ossia i giochi, gli scherzi, le serenate e il rapporto difficile con il padre che è magnificamente interpretato da Mario Carotenuto». Forse mai avevamo visto Gigi Proietti emozionato come l'altra sera in occasione dell'anteprima di questo Fregoli che la televisione programma in quattro puntate, alla domenica sera (contro Sordi!). «Sono nervoso — ripeteva — perché Fregoli mi è costato molta fatica e non vorrei che non piacesse». Cosa rappresenta per Proietti il personaggio Fregoli? «Io non sono certamente Fregoli — risponde — nell'interpretarlo mi sono reso conto come doveva essere grande quest'uomo. Io faccio l'attore, quindi lo stesso mestiere di Fregoli, il quale ha nella sua carriera esasperato una delle componenti del mestiere dell'attore che è quella delle trasformazioni. Fregoli otteneva le sue trasformazioni con i posticci. In ogni attore il gusto di perdere per un attimo la sua identità è un delirio infantile. E Fregoli questo gusto l'ha sempre esasperato. Siccome nessuno conosce la vita privata di Fregoli, nel film televisivo abbiamo assunto a modello la vita di un attore di successo, immaginando gli stati d'animo, l'emotività, i momenti di gioia e di malinconia che sono tipici di qualsiasi uomo, ma che la professione dell'attore rende più evidenti». 

intervista di Ugo Buzzolan, 18/04/1981, La Stampa

CRITICA
"...Leopoldo Fregoli diventò il più grande trasformista di tutti i tempi. Fu tanto celebre che con l'espressione corrente «un vero fregoli» si indicava l'individuo capace di mutare aspetto e comportamento con rapidità vertiginosa. La sua figura, la vita l'arte saranno rivissute da uno scatenato Gigi Proietti in uno sceneggiato che non poteva che intitolarsi Fregoli (testo di Roberto Lerici. Lucia Drudi Demby e del regista Paolo Cavara) e che andrà in onda a partire da domani sera sulla rete 1. Nella prima puntata vedremo alcune delle cose che ho raccontato. Ma il meglio verrà nelle prossime puntate, a partire da quando, nel 1890, militare in Africa, a Massaua, causa l'assenza per l'impiego bellico di tutti gli altri attori, Fregoli recita cinque parti da uomo e da donna in una farsa e inventa il «fregolismo» con cui poi si impone nel mondo in una carriera folgorante ma non facile, costellata di trionfi e di successi contrastati (lo si accusava di superficialità) e soprattutto di disastri economici. Lo sceneggiato registra successi e disastri, il privato e il pubblico, l'inquieta natura di Fregoli, gli estri, gli slanci, la tecnica prodigiosa (documentata dai brevi filmati che girarono sulle sue esibizioni, anche dietro le quinte, i fratelli Lumière). Fregoli è l'esplosione di Gigi Proietti che, con l'aiuto del mezzo cinetelevisivo, si è identificato totalmente con il leggendario trasformista — definito futurista da Marinet- ti per le sue fulminee sintesi comiche — che arrivava a creare in scena, con maschere e accorgimenti diabolici, oltre settanta personaggi in una sola sera, dal generale alla cocotte, dallo zio d'America all'educanda; e che suonava tutti gli strumenti, e conosceva tutti i dialetti e cantava da baritono, da tenore e da soprano leggero..."
Ugo Buzzolan 18/04/1981 La Stampa